Camminare

Un fienile, prati curati e falciati regolarmente, boschi che salgono per le pendici di un monte, un sentiero erboso che conduce dove i passi spingono.

Camminare per trovare se stessi, per sentire di essere, ed essere, uomini (e donne) interi ben piantati sopra ai propri piedi, ben saldi sulle gambe.

Per conoscere il mondo occorre pestarlo con i propri piedi, e sentire la fatica nei muscoli, e fiutare l’aria aperta dei campi, dei prati e dei boschi. E sedere sotto un castagno, e raccogliere i ricci carichi di frutti maturi, da arrostire sul fuoco in una sera d’autunno, e mangiarli scottandosi le dita.

Camminare con agio, con la libertà interiore e serena di chi sa sollevarsi sopra le nebbie grigie delle vie cittadine, e sciogliersi dalle pastoie delle trite questioni domestiche, senza pungolo di faccenda quotidiana.

Perché sa andare leggero come una farfalla, gentile come un passero, elevato come un’aquila sopra un panorama di vette, e laghi e foreste verdeggianti. Basta uscire dalle porte della città, e spingersi per i tratturi che menano per i campi, e avventurarsi per sentieri ombrosi che entrano nel fitto di boschetti selvatici. In un raggio di dieci chilometri si possono scoprire mondi incantati, abitati dalla volpe e dalla lepre, dalla ghiandaia e dalla gazza.

Vorrei, nei miei vagabondaggi, far ritorno a me stesso – scrive Henry David Thoreau in un piccolo libro ricco di umanità, di semplicità, di libertà, Camminare.